CHIESA DI S DALMAZIO
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L'ORATORIO DI SAN DALMAZIO IN LAVAGNOLA
Questo articolo vuol essere una sintesi delle notizie che possediamo sulla chiesa parrocchiale, considerata da molti fra le più antiche della zona. La sua lontana origine è documentata da un diploma di Ottone III risalente al 998 in cui è citata la pieve di Lavagnola. Al fine di preservarla dagli straripamenti del vicino torrente, la parrocchiale fu situata alle falde della collina di San Nazario, in luogo elevato rispetto alla sede dell'antico borgo lavagnolese. Così scrive il Brunengo: "... La chiesa di San Dalmazzo è la più antica fra le altre del nostro Comune. Non si trova memoria della sua erezione... Lo stile gotico con pilastri in pietra che sostengono le arcate e l'avere il capo o l'altar maggiore volto ad oriente secondo il costume che usavano i primitivi cristiani nella costruzione delle chiese, pongono il segno della sua lontana origine...

Verso la metà del 1600 fu accresciuta di due archi e ridotta a stile corinzio con intonaco e fasciamento in calcina in tutte le sue parti, ghiribizzo del gusto di quel secolo che da ciò fu detto il "secolo della calcina". "La conferma di tale modifica si ebbe nel 1935 allorchè fu rifatto il pavimento:all'altezza delle colonne di mezzo furono trovate trasversalmente vestigia di un muro perimetrale; entro la parte più antica fu trovato un altro muro che delimitava l'area di una più piccola primitiva chiesa.In occasione di questo lavoro vennero alla luce resti di altri due pavimenti.Un altro particolare conferma l'esecuzione in due tempi della chiesa:i primi due archi sono più stretti di quelli successivi.

Dagli Statuti della città di Savona, redatti all'inizio del 1400, si ha la certezza dell'esistenza, in Lavagnola, della Confraternita di San Dalmazio, ancor oggi operante e vitale. Dalle fonti archivistiche si sa che la sede primitiva era posta alle spalle dell'attuale; questa costruzione,sul finire del 1500, risultava cadente ed oggi rimangono soltanto dei ruderi. L'attuale sede,denominata Oratorio, fu iniziata il 29 maggio 1611 con la posa solenne della prima pietra e furono necessari ben vent'anni per giungere alla copertura del tetto, cui seguirono altri due anni per giungere all'apertura al culto avvenuta il 5 dicembre 1633. La costruzione avanzò a rilento in quanto realizzata per opera della popolazione che in quegli anni ascendeva a circa novecento anime, molte delle quali sparse nel contado, anche a quattro ore di cammino dal centro di Lavagnola. L'edificio,in seguito, subi mutazioni con l'aggiunta della sacrestia, la costruzione della nicchia in cui ospitare il gruppo statuario del Santo (1739), la sopraelevazione della volta, il rifacimento degli stucchi, delle lesene, dei pavimenti e dell'altare verso la metà del 1800. Tali lavori si conclusero nel 1867 con la realizzazione dell'antistante corti le arricchito da un pregevole pavimento in ciottoli di vario colore provenienti dalla spiaggia di Cogoleto (Genova). L'Oratorio fu poi riportato alle origini nel 1990 quando fu sottoposto a un generale restauro. Questo edificio,in periodi di calamità, fu utilizzato per alloggiarvi le truppe degli invasori o addirittura come luogo di detenzione per i cosiddetti "patrioti" del circondario, evento che si verificò sul finire del 1700.

Sempre durante il rifacimento del pavimento fu rinvenuto, nella parte inferiore della chiesa, un ossario:è probabile che detto un ossario un tempo più antico fosse all'esterno della chiesa e che vi venisse incluso con il successivo prolungamento della medesima. Nel 1790 fu fatta l'alzata del coro completando così il presbiterio.Gli ultimi lavori di ingrandimento risalgono al 1877-1878:l'incavamento delle quattro cappelle laterali portò l'ampliamento della chiesa ritenuta piccola rispetto agli abitanti che in quell'epoca si aggiravano sui 2850.In questo periodo ebbero inizio tutti i lavori di ornato che si possono ammirare tutt'oggi.Si cominciò con l'abside nel 1875, l'incarico di dipingere l'ornato fu assegnato al pittore Domenico Buscaglia il quale eseguì l'incarico con lode e puntualità ricevendo come compenso la somma di lire 670. Le figure dovevano essere dipinte da Lazzaro De Maestri sempre nel 1875, ma poichè il pittore non aveva ancora iniziato i lavori nell'anno seguente, la Fabbriceria disdisse il contratto e affidò l'esecuzione al pittore Tommaso Ivaldi detto "il muto", il quale, coadiuvato dal fratello, dipinse l'abside nel 1876-1877. Il dipinto del catino rappresenta la "Gloria di San Dalmazio",quello della volta"il Martirio". I fratelli Ivaldi furono compensati con lire 2000, mentre con il De Maestri ne erano state pattuite 3000. In tale occasione Stefano Brilla fece i capitelli che furono indorati dai fratelli Bartolomeo e Gio Batta Rebagliati; inoltre furono disposte ai lati dell'altare due mensole in marmo finemente lavorate. Nel 1877 il pittore Santo Bertelli(1840-1892) dipinse i due quadri ai lati dell'altare maggiore: questo pittore probabilmente sarebbe diventato celebre se non fosse scomparso prematuramente,colpito da polmonite mentre dipingeva nella Cattedrale di Albenga.

Questi affeschi molto apprezzati dagli intenditori, sono i capolavori che rimangono di lui e rappresentano "la Cena di Emmaus" ed "il Sacrificio di Melchisedech": le sfumature dei colori fanno apparire i personaggi in rilievo. Il Bertelli dipinse anche i due medaglioni del coro rappresentanti San Giacomo maggiore e San Martino.Il "Sacrificio di Melchisedech" costò alla parrocchia L.1800, mentre l'altro quadro pare sia stato donato dal Marchese Cambiaso. Pietro Zerbi fece le indorature alle cornici dei due quadri sopracitati e negli anni 1878-79 l'ebanista Nicolò Sambarino eseguì i banchi del coro. Le pitture della navata risalgono a questo secolo.I lavori furono inaugurati il 27 settembre 1908 da Mons. Salvatore Scatti in occasione della visita pastorale.

Le pitture di ornato furono eseguite da Antonio Bertolotto, rinomato discepolo del Buscaglia; Pietro Zerbi eseguì le indorature; i fratelli Galeotti gli zoccoli di marmo; ma le parti di spicco furono realizzate da Lazzaro De Maestri che dipinse nella volta centrale "San Dalmazio che predica in aperta campagna a Lavagnola" e dal genovese Liugi Gainotti che dipinse due medaglioni: uno che rappresenta "l'Adorazione del SS.mo Sacramento", l'altro la "Gloria degli Angeli": questi sono apprezzati per la vivacità dei colori e i graziosi atteggiamenti degli angeli. Parte delle spese furono sostenute con pubbliche lotterie e parte per merito di benefattori tra i quali si distinse la nobildonna Costanza Rocca di Cantagalletto. I dipinti delle quattro Cappelle laterali sono anch'essi recenti. Quello della Cappella del Crocefisso risale al 1906 e rappresenta la Madonna del Suffragio (questa Cappella era affidata alla omonima Compagnia) e fu dipinto da Luigi Gainotti.Nel 1917, su commissione della Confraternita di San Dalmazio, il pittore Celli affrescò la volta della Cappella del Santo Patrono: l'artista riuscì a rappresentare con un buon effetto ottico un episodio della vita del Santo; le modifiche ivi effettuate nel 1954 portarono però alla sua copertura. Nel 1919 Raffaello Resio (chiamato anche il pittore degli angeli) dipinse le volte delle Cappelle di San Francesco e di Sant'Antonio; nel primo soffitto sono ricordate l'imposizione delle stimmate al Santo e nel secondo un miracolo del santo patavino. Nel 1943, in un locale attiguo alla chiesa, fu costruito un nuovo Battistero.Nella parete centrale campeggia una pregevole opera in mosaico di Carlo Cedro di Genova raffigurante il Battesimo di Gesù ed è la riproduzione della tela di Tito Santi esistente in una Galleria di Firenze. La vasca battesimale, in pietra di Finale, fu scolpita da artigiani della zona su progetto del Prof. Bodrato.La vasca è chiusa da un coperchio di rame con disegni di Padre Leandro Montini sul quale sono riprodotti i simboli del Battesimo.

In Chiesa vi sono sette altari tutti in marmo: il maggiore con raffinato tabernacolo risale al 1777 e fu eseguito dal genovese Domenico Prato; quello della Madonna fu fatto nel 1785 da Gaetano Prato; quello di San Giuseppe nel 1750, reca inciso "fatto a spese della Compagnia dell'Angelo Custode" e proviene da altra chiesa.L'altare del Crocifisso o del Suffragio risale alla fine del '700; i rimanenti furono fatti dal marmorino Giuseppe Galeotti all'epoca dell'incavamento delle cappelle; dello stesso era l'artistico pulpito rimosso negli anni '70 per eigenze liturgiche.Tutti gli altari precedenti erano in calce ricoperti di stucco. Sono inoltre conservati in questa chiesa il prezioso polittico che Barnaba da Modena dipinse nel 1376 raffigurante la Madonna con Bambino e Santi. Le statue processionali della Madonna del Rosario (1785) e di San Giuseppe (1790) sono uscite dallo scalpello del savonese Filippo Martinengo detto "il Pastelica"; un antico Crocefisso, il gruppo ligneo di Sant'Antonio del Brilla (1890)ed una tela raffigurante "il Sonno glorioso di San Dalmazio" dei primi anni dell'800 attribuita a Gerolamo Brusco. Nella cappella del Patrono vi è l'arca bronzea del Santo, fusa nel 1947,contenente il reliquiario progettato da Padre Leandro Montini nel 1941 e realizzato in oro, argento e pietre preziose dalla ditta Politi di Milano. Addossato alla Chiesa vi è l'ex Convento francescano che merita particolare menzione. Nel primo libro dei Battesimi della parrocchia vi è una nota di Frà Antonio Serveto, nella quale sono spiegati i motivi della venuta dei frati a Lavagnola: "... e la causa della nostra venuta è questa. L'anno 1556, sotto Paolo IV, ne fu tolto e presa senza alcun nostro demerito, la vigilia di San Francesco, al vespro, la chiesa, il convento et d'ogni altra cosa spogliati affatto, espulsi dalla città et redutti ad nihilum..." Il convento tolto ai frati sorgeva sull'area dell'attuale Cattedrale dopo che i Genovesi avevano distrutto quella di Santa Maria sul Priamar per edificarvi la fortezza, ed essendo inadatta a tale ufficio la chiesa di San Pietro che per qualche tempo funzionò da Cattedrale. La parrocchia di Lavagnola fu assegnata ai frati solo nel 1571 per interessamento di San Carlo Borromeo che in quell'anno scrisse una lettera al Doge e alla Signoria di Genova nella quale chiedeva di dare una sistemazione claustrale ai frati francescani di Savona che allora era diocesi suffraganea di Milano.

Intanto già dal 1561, sotto Pio IV, i frati ricuperarono le entrate e parte delle spogli sacre e restarono alla "servitù della città...stando in casa locanda insino all'anno 1578 che piacque al Signore Iddio provvederne di questo luogo per mezzo del Sommo Pontefice odierno Gregorio XIII il quale ne concesse questa parrocchia con il beneficio della Bolla Plomblea (la copia è conservata nell'archivio parrocchiale) data in Roma apud Sanctum Petrum anno Incarnationis Dominicae 1577 Idibus Januarii". Fra Serveto continua così:"...pigliassimo possesso di detta parochia alli 16 giugno 1578, presente Monsignor Rev.mo di Savona Cesare Ferrero di Biella, et molto Rev.do Prete Ottaviano Bagarotto del quale era detta tale parocchia alla quale restò detto prete Ottaviano a nome nostro sin che viene il p.re fra Alluigio mazuco da Cunio....". Passiamo ora invece a parlare del Convento in particolare. La sua costruzione fu iniziata nel 1571, anno in cui fu assegnata la parrocchia ai frati, e terminata nel 1578 permettendo così ad essi di insediarsi definitivamente in Lavagnola. "Li fondatori di questo furono un tal Sig.r Franco Ferrerio il quale donò per la Fabrica Cinquecento scuti d'oro, Cinquecento ne promisse la Communità di Lavagnola, e questi di darli parte in Contanti, e parte in materiali, et Giornate, ma non ha sodisfatto alla promessa interamente, come si può vedere dalle scritt.e, che si conservano nell'Archivio nostro di Savona;et vice versa li P.P. si obligarono di mantener li quattro sacerdoti, e tre li giorni feriali e di cantare la Messa le feste, ma non havando essa Communita' compita alla sua obbligatione percio' ne meno li P.P. sono tenuti verso di esso è quello che si erano obligati, et altri Cinquecento scudi d'oro si obligarono di spendere i P.P. per loro parte onde per gratia del Signore si termino' questo Convento dove al presente si troviamo".

Tali notizie sono riprese da un manoscritto originale del 1717 custodito nell' archivio parrocchiale; ad esse fa seguito una descrizione del convento che trascriviamo integralmente; "Il Convento è contiguo alla Chiesa verso mare, il Convento consiste al piano in due Chiostri, uno che va in Chiesa et l'altro verso la porta commune. Al piano del Chiostro v'è la sua cisterna, un Refettorio grande qual serve per Legnaia, una stanza per le tine che sono due, una grande et una piccola con suo Torchio, che sono del Convento. La Cucina, un Refettorio piccolo capace pero' di 20 religiosi , una dispensa et sotto v'èla cantina.Di sopra vi sono due Dormentorij con dodeci Camere, parte verso l'Oriente e parte verso Tramontana. Il Convento è fuori dell' habitato, non vi sono Case di secolare, se nom quella del Nostro Fittavolo". Dal 1631 il Convento di Lavagnola dipese dal nuovo Convento che i Minori Maddalena.Nel 1652 una Bolla Pontificia sopprimeva il Convento di Lavagnola perchè i Padri non potevano vivere, nonostante fossero stati autorizzati a riscuotere essi l' annua rendita di Lire 334 che la Comunità di Carcare doveva al Convento di Savona e le rendite di altri beni lasciati dai Lavagnolesi. Inoltre il Convento di Savona avrebbe provveduto le cure ai Padri e ai Frati infermi di Lavagnola, la disposizione allora fu revocata e i Frati rimasero fino al 1800 quando Napoleone soppresse l'Ordine religioso e la parrochia fu affidata al clero secolare. Il Convento era molto povero, possedeva poche suppellettili, notizie desunte dall' inventario che conclude il gia' citato documento.

Un'altra testimonianza dell' indigenza della Parrocchia e di conseguenza del Convento si evince dallo spoglio fatto alle Chiese di Savona dal Governo Ligure nel 1798; il ricavato dalla Chiesa di Lavagnola, compreso l' Oratorio, è tra i piu' esigui rispetto alle altre Chiese cittadine. Attualmente il Convento, costruito dai Minori Conventuali ospita, con improprie trasformazioni, la Canonica, l'Asilo e le opere parrocchiali. E' auspicabile che i progetti di recupero predisposti possano trovare compimento in poco tempo affinchè questo complesso possa avvicinarsi il più possibile alle sue origini.
testi di Giovanni Mario Spano
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